
11 Ago Leopardi a tavola
Il sommo poeta marchigiano “affogava” la propria malinconia in piatti fumanti di pasta all’uovo e maccheroni
Il bel film di Mario Martone, “Il Giovane favoloso”, nel 2014 tra i più gettonati al botteghino, riporta prepotentemente alla ribalta -anche- l’argomento della “golosità” del poeta recanatese go to my site. E’ storia che dal 1831 al 1836, data della sua morte, Giacomo soggiornò a Napoli e qui fu conquistato dalla bontà dei cibi cucinati dal Monzù Ignarra, e le detta una lista di 49 specialità. L’elenco contiene un po di tutto: tortellini di magro, farinata di riso, budini, frittelle di borragine, di pere e mele, gli gnocchi di patate, polenta e semolino, piatti di verdura, pesce e fegatini e pasticci vari.
Nel libro “Leopardi a tavola”, gli autori Domenico Pasquariello e Antonio Tubelli, rivelano che il sommo poeta marchigiano “affogava” la propria malinconia in piatti fumanti di pasta all’uovo e maccheroni. Questa scoperta, dal piacevole “gusto” letterario, conferma ciò che la scienza insegna da tempo: il glucosio che si libera dall’amido della pasta favorisce indirettamente la sintesi a livello cerebrale della serotonina, l’ormone della gioia dalla spiccata azione antidepressiva.
Non solo: se consideriamo la presenza nella pasta delle più importanti vitamine del gruppo B e di preziosi minerali come potassio, magnesio, ferro e zinco, possiamo davvero affermare che il nostro quotidiano piatto di pasta fumante è la pillola della felicità più gustosa e salutare che ci sia, capace di lenire e di prevenire uggia e malumore. D’altra parte il più grande compositore-buongustaio della nostra terra, Giacomo Rossini, soleva dire: “L’appetito è per lo stomaco ciò che l’amore è per il cuore”.